
In questo stimolante articolo del Dirigente Scolastico-I.C. E. Cortis di Quartucciu (Ca) Prof. Fabio Cocco, viene affrontato uno dei più annosi e discussi problemi della Scuola italiana, mai risolti: la Valutazione.
SCUOLA: PROSPETTIVE E POSSIBILITA’
2009. E’ in scena un annus orribilis (tra i tanti) con il varo delle “riforma” del Ministro Gelmini, la riforma delle riforme che, oltre a coventrizzare – e non solo per motivi economici – l’organizzazione modulare (con il ritorno all’insegnante unico tuttologa/o), ha introdotto, tra gli altri arnesi, due elementi d’antiquariato pedagogico: il “voto” in decimi alla scuola primaria e secondaria di primo grado, e il voto in condotta utile ai fini del calcolo della media per l’ammissione alla classe successiva.
Pur con alcuni correttivi del D.lgs. 62/2017, il rudimentale voto in decimi resta, quantunque nella definizione di “livello”. Ma si sa, le abitudini sono dure a morire e il numero da 0 a 10, voto era e voto resta, nella sua sconcertate semplicità.
Sì, perché il problema è questo: il voto numerico è un modo semplice – e semplicistico – per definire un fatto complesso (il processo di apprendimento) e per quantificare i traguardi di apprendimento delle/degli studentesse/enti. Questo perché, nelle storture del sistema di valutazione italiota, la testa di molti e molte docenti è e resta gentiliana: il voto serve per stabilire, di fatto, un’implicita gerarchia di valori/qualità, tale che i “bravi” (e per bravi intendo educati, studiosi, che fanno i compiti a casa, di buona famiglia insomma) hanno una valutazione di default oscillante tra l’8 e il 10, mentre i meno bravi arrancano, quando va bene, sulla cifra del 5 e 6. Al di sotto si sprofonda – dal 4 in giù – nell’abisso degli “ingestibili”, nel quale trovano spazio i soggetti irrecuperabili che, in quanto tali, meritano anche di essere oggetto di provvedimenti punitivi di ogni sorta, nella speranza che il ravvedimento si traduca in una mummificazione del soggetto.
Perché succede questo? In parte la causa è storico-culturale: la scuola italiana soffre ancora di un innato bisogno di differenziare ed al contempo di uniformare; ha cioè necessità di rintracciare nel passato un senso di quiete (allora sì…) con il quale, in modo semplice, gestire la complessità. In parte è professionale-educativo: professionale, perché è fortemente legata a quanto i docenti conoscono (poco il più delle volte) come apprende il cervello umano, e quindi come gestire i processi didattici e mantenere un equilibrio a “geometria variabile” rispetto ai bisogni dei/delle ragazzi/ragazze; educativo perché si considera il “voto” un utile strumento attraverso cui esercitare un potere di controllo sugli alunni (lo spauracchio della nota e del “2”) sia in ordine al comportamento che tengono in classe, sia in riferimento a quanto e come studiano (si applicano, direbbero molti).
Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti e ISTAT e OCSE-PISA li certificano. Si può dire che sono solo numeri, che i numeri non restituiscono la vera qualità della scuola, quella che indica nei diplomati italiani un’eccellenza che spicca nel confronto con gli equivalenti diplomati degli altri paesi… tutto però non ha un riscontro reale, è affidato al modo delle opinioni, quello stesso del Mito della caverna.
Le soluzioni però esistono e partono da D.lgs 62/2017 e dalle Indicazioni per il Curricolo:
1. Integrare i livelli in decimi nei traguardi delle competenze/conoscenze (avanzato: 10 – 9,intermedio: 8 – 7, base: 6, iniziale: 5 – 4)
2. Agganciare gli obiettivi individualizzati ai traguardi.
Questa ipotesi di lavoro si aggancia all’uso di approcci differenziati ai bisogni di apprendimento degli studenti per raggiungere i quali occorre una formazione specifica:
1. Nell’ambito della didattica (destrutturazione del metodo della lezione frontale)
2. Nell’ambito della conoscenza neuroscientifica (come funziona il cervello umano nelle varie fasi evolutive)
3. Nell’ambito dell’intelligenza emotiva (empatia, capacità di relazione)
Infine, sotto il profilo organizzativo, utilizzando l’autonomia della 275/99 per quanto riguarda l’organizzazione degli spazi e del tempo della didattica:
1. Dalle aule-classi alle aule tematiche
2. Orario settimanale per cicli
3. Uso del tempo scuola (quota del 20% del curricolo) in laboratori per competenze
Prof. Fabio Cocco Dirigente Scolastico.